"La figura di cera" è una sorta di sequel di "Il morso sul collo" di Simon Raven ma si può leggere anche ignorando il primo capitolo, come ho fatto io e son comunque riuscita a orientarmi nella narrazione!
L'ambientazione temporale è il secondo dopo-guerra ('58) mentre l'ambientazione spaziale varia durante le fasi del romanzo portandoci dall'Inghilterra, a Berlino martoriata dalle bombe alla Venezia risorta nel turbine di una vita mondana e intellettuale floridissima.
L'autore, a cui bisogna riconoscere un certosino lavoro di ricerca e contestualizzazione, ci presenta pure riferimenti a Gabriele D'Annunzio, presunto amante della contessa, ci fa conoscere Peggy Guggenhim e condisce la storia con qualche riferimento conan-doyliano che vi lascerò scoprire da soli.
Numerose infatti le note a fine capitolo per esplicare citazioni, riferimenti e passaggi nel testo.
Più che sull'azione, il lavoro narrativo si focalizza sulle dinamiche personali e sociali dei protagonisti, sviscerando i rapporti di affetto, di rispetto e di disistima.
L'ambientazione noir del dopoguerra fa da contorno perfetto ai sospetti casi di suicidio che, apparentemente scollegati, trovano un nesso con le comparizioni della contessa D'Altea, archetipo dell'occultista d'inizio secolo.
La figura di cera del titolo non è altro che una rappresentazione della contessa stessa cui sembrano attribuibili poteri paranormali; superare la morte trasfondendo la propria essenza ad un simulacro che aiuterà a tornare dall'oltretomba (tema conosciuto in letteratura anche in recenti tempi, vedi horcrux potteriani).
L'unica pecca, ma neanche tale si può definire anzi per qualcuno è un pregio, è la non eccessiva scorrevolezza della narrazione; il linguaggio è quello tipico dell'inglese ottocentesco (non conosco sufficienti autori dei '50 inglesi per poter identificare spazio-temporalmente più correttamente questo stile) quindi ricco di termini altisonanti e ricercati che lasciano intendere una ricercata scelta lessicale da parte dell'autore.
Che mi stia forse abituando troppo ad uno stile più moderno e dimesso?
Sarà forse il caso di riprendere qualche bel romanzone d'antologia per vedere se sono ancora in grado di leggere libri impegnati o presunti tali?
Ottimo da leggere svogliatamente in un pomeriggio
Si ringrazia "Alla fine del sogno" per il Giveaway organizzato.
L'ambientazione temporale è il secondo dopo-guerra ('58) mentre l'ambientazione spaziale varia durante le fasi del romanzo portandoci dall'Inghilterra, a Berlino martoriata dalle bombe alla Venezia risorta nel turbine di una vita mondana e intellettuale floridissima.
L'autore, a cui bisogna riconoscere un certosino lavoro di ricerca e contestualizzazione, ci presenta pure riferimenti a Gabriele D'Annunzio, presunto amante della contessa, ci fa conoscere Peggy Guggenhim e condisce la storia con qualche riferimento conan-doyliano che vi lascerò scoprire da soli.
Numerose infatti le note a fine capitolo per esplicare citazioni, riferimenti e passaggi nel testo.
Più che sull'azione, il lavoro narrativo si focalizza sulle dinamiche personali e sociali dei protagonisti, sviscerando i rapporti di affetto, di rispetto e di disistima.
L'ambientazione noir del dopoguerra fa da contorno perfetto ai sospetti casi di suicidio che, apparentemente scollegati, trovano un nesso con le comparizioni della contessa D'Altea, archetipo dell'occultista d'inizio secolo.
La figura di cera del titolo non è altro che una rappresentazione della contessa stessa cui sembrano attribuibili poteri paranormali; superare la morte trasfondendo la propria essenza ad un simulacro che aiuterà a tornare dall'oltretomba (tema conosciuto in letteratura anche in recenti tempi, vedi horcrux potteriani).
L'unica pecca, ma neanche tale si può definire anzi per qualcuno è un pregio, è la non eccessiva scorrevolezza della narrazione; il linguaggio è quello tipico dell'inglese ottocentesco (non conosco sufficienti autori dei '50 inglesi per poter identificare spazio-temporalmente più correttamente questo stile) quindi ricco di termini altisonanti e ricercati che lasciano intendere una ricercata scelta lessicale da parte dell'autore.
Che mi stia forse abituando troppo ad uno stile più moderno e dimesso?
Sarà forse il caso di riprendere qualche bel romanzone d'antologia per vedere se sono ancora in grado di leggere libri impegnati o presunti tali?
Ottimo da leggere svogliatamente in un pomeriggio
Si ringrazia "Alla fine del sogno" per il Giveaway organizzato.
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